Un cambio dirigenziale radicale, ma il medesimo problema di fondo: la mancanza di un regista all’altezza delle aspettative.
Se il problema principale dello scorso campionato è stato appunto quello della mancanza di un vero regista, possiamo affermare che, anche in questa stagione, il problema più dannoso e lesivo al gioco è stato più o meno il medesimo. Certo, la natura dei due problemi è però totalmente diversa: se per il duo Corvino-Pioli si trattava soltanto di una scellerata scelta tattica, per Pradè il vero problema è stato l’evidente fallimento (momentaneo) di due giocatori, di cui almeno uno alquanto insospettabile.
Pradè lo sa bene, come dimostra l’acquisizione di Pizarro nella sua prima avventura gigliata: il regista è il ruolo chiave per eccellenza, necessario per costruire le fondamenta di una squadra e di un’identità di gioco. Per questo motivo, appena insediatosi in dirigenza, ha pensato bene di applicare nuovamente la sua filosofia acquisendo Badelj, ma qualcosa è andato dannatamente storto: il centrocampista non ha più la giusta dinamicità per reggere la Serie A, e le sue difficoltà sono risultate, man mano con l’avanzamento del campionato, sempre più costanti ed evidenti.
Un errore grossolano, arrivato da un dirigente dalla straordinaria esperienza calcistica: l’intera stagione in panchina coi biancocelesti doveva forse far sorgere qualche dubbio. Le attenuanti però ci sono e sono evidenti, ma probabilmente non sono sufficienti: l’errore di valutazione ha infatti marchiato indelebilmente la stagione gigliata.
Discorso totalmente diverso per Pulgar: qua le colpe attribuibili a Pradè sono davvero poche. L’ultima versione bolognese di Pulgar risultava infatti devastante, grazie soprattutto al lavoro integrativo svolto di Mihajlovic. Dopo il buon inizio però, il livello del centrocampista cileno è crollato in modo vertiginoso, toccando picchi negativi semplicemente insospettabili.
Il ruolo del regista si conferma così il più fragile, il più spinoso e sicuramente quello a cui dare maggiore peso ed importanza: per costruire la Viola che verrà, sarà quindi necessario ripartire da un vero regista, in grado di dare un’identità alla squadra e in grado di attribuire le giuste geometrie alla manovra. A testimonianza del peso nevralgico di tale ruolo, l’esempio più lampante risulta quello della miglior partita della stagione, quella contro il Milan a San Siro: non a caso una delle pochissime versioni oltre la sufficienza di Badelj nell’arco della stagione.