Ci sono alcune ideali fotografie di Fiorentina – Sampdoria dello scorso anno che meritano una riflessione particolare perché hanno il potere di raccontare qualcosa in più di una Fiorentina che adesso è chiamata solo e soltanto a vincere.
Il calcio del Luis Muriel appena arrivato a Firenze ricordava i suoi tratti, così sorridenti e sudamericani, un giocatore che danza sulla palla e si proietta in progressioni che in campo aperto sono lame taglienti, quando si accende, mentre gli altri immaginano lui già corre. Destino vuole che dopo essere stato una “bestia nera” delle difese viola, Muriel quella maglia finisce per indossarla e al Franchi, in una delle partite più difficili della stagione, sembra gridare ai tifosi della Fiorentina che, insieme, potremmo divertirci davvero. Avremmo sicuramente potuto ma è andata diversamente.
A volte nel calcio i fatti sono briciole e i pettegolezzi finiscono con il diventare montagne, ma le parole “grasso” e “svogliato” si sgretolano metro dopo metro, giravolta dopo giravolta. La Fiorentina pareva aver trovato il suo attaccante e il primo a venir contagiato dal sorriso di Muriel è Federico Chiesa con il quale il colombiano si è capito subito alla perfezione.
Le decisioni del signor Di Bello ricordano invece la confusione nella quale spesso sono scivolate le direzioni arbitrali lo scorso anno, confuse più che rassicurate dall’ausilio del VAR: probabilmente sarò impopolare, ma ci si concentra troppo sul pensare a chi beneficia dell’errore e non su chi l’errore lo commette. E’ un ruolo difficilissimo, ma questo non vuol dire che allora tutto debba essere perdonato.
La VAR appunto.. uno strumento importante, un supporto che può e deve aiutare gli arbitri a decidere anche su situazioni che sono a torto considerate secondarie come i cartellini gialli. Calci di punizione come quello che ha portato al goal del pareggio della Sampdoria se sono così cervelloticamente concessi, non possono poi non essere oggetto di riflessione da parte dell’AIA. Replay o no, un arbitro di massima Serie deve avere le competenze per sapere che quello di Veretout non era un intervento falloso.
L’esultanza di Quagliarella che corre verso la bandierina festeggiando il pareggio e poi il vantaggio della sua Sampdoria aveva il sapore di quelle corse rabbiose che si fanno quando si pensa di essere stati oggetto di un errore. Di essere in credito.
La corsa di Quagliarella idealmente va oltre quella bandierina, scavalca i cartelloni e si rivolge ai tifosi della sua prima esperienza importante dove lui è chiaro non si sia sentito apprezzato ma dove in realtà è sempre stato un po’ rimpianto a partire dalla gestione Mondonico ossia colui che ereditò la Fiorentina di Cavasin, il vero detrattore delle qualità del centravanti napoletano a Firenze. Una rabbia quella di Quagliarella che quindi non ha ragione di esistere e che forse ha aiutato il Franchi, pungendolo, a non abbandonare la sua Fiorentina in difficoltà.
E arriviamo all’ultima fotografia. German Pezzella. German Pezzella è un difensore elegante, un argentino a Firenze che velocemente diventa “di Firenze”, ha spunti ordinati nell’impostazione dell’azione, timing nelle coperture e sa rendersi pericoloso anche sui calci piazzati. L’uomo è ancora meglio. Pezzella prima di essere un giocatore è un Capitano. La sua grinta non è tracotante ma è costante. Quando capisce che l’atteggiamento di Quagliarella sta andando oltre lo riprende, quando capisce che c’è ancora una possibilità la sfrutta.
La Fiorentina dello scorso Gennaio era ancora il corsa per un posto in Europa: il tracollo dei mesi seguenti era appena dietro l’angolo, nascosto dall’ultimo grande abbaglio, ossia quel 7-1 rifilato alla Roma di DI Francesco. La Fiorentina di domani non sa precisamente per cosa dovrà lottare: sicuramente è una squadra che non vince al Franchi da quasi un anno, da quell’enorme abbaglio di fine Gennaio.