Quando la Juventus chiuse in tempistiche decisamente record l’affare con la Roma per assicurarsi Szczesny apparì subito chiara la volontà di programmazione del Club bianconero, la cui storia è legata a doppio filo a quella di Gianluigi Buffon e che proprio per questo necessitava di un successore all’altezza.
Il portiere non è un dettaglio soprattutto per un Club con le ambizioni della Juventus, impegnata su tre fronti e chiamata alla grande impresa in Europa, un palcoscenico dove gli estremi difensori hanno spesso rappresentato l’ago della bilancia nelle fortune dei Club (vedi la voce Liverpool).
Nato in Polonia nel 1990l Wojciech Tomasz Szczęsny di certo non può contare su un nome facile da pronunciare: in un intervista, scherzando Allegri disse che scrivere il cognome del suo estremo difensore era quasi un’impresa. “Per imparare Szczesny ci ho messo un anno. Io il portiere non lo scrivo mai nella formazione, ma in certe occasioni devo farlo per forza: è un anno che mi metto alla lavagna e inizio a pensare…”. Per i cultori del portiere “classico” , dell’estremo difensore di rendimento, il numero 1 bianconero rappresenta il prototipo ideale: alto un metro e 95, fisico longilineo e scattante, essenziale, lucido nel guidare la difesa, completo nei fondamentali, reattivo tra i pali e decisamente migliorato nelle uscite rispetto ai tempi di Roma
A Torino è evidente la crescita del portiere sotto molti aspetti, in primis la qualità con i piedi: Szczęsny ha grande sicurezza negli stop e precisione nei lanci, spesso si assume rischi importanti provando a servire i compagni tra le linee e innescare azioni in profondità. In una parola, moderno. Le insufficienze in pagella, pochissime per altro, sono legate soprattutto ad una presunta poca personalità in area piccola, alla scarsa propensione ad avventurarsi nelle uscite in presa alta, Szczęsny è certamente l’ estremo difensore che la Juventus cercava per il delicato “dopo-Buffon” e l’ultima stagione, la sua prima da titolare, non ha che confermato l’ottimo investimento del Club bianconero.
Polacco, classe 1997 e caratteristiche fisiche molto simili a quelle del collega bianconero:Bartlomiej Dragowski rispecchia a sua volta il prototipo del portiere moderno, fisicamente prestante e tatticamente funzionale al gioco della squadra. Non al meglio nella prima uscita stagionale contro il Napoli, oggi Dragowski cerca il suo ricatto davanti al pubblico gigliato: arrivato in Toscana nell’estate 2016 per la cifra di 2,5 milioni di euro, di lui gli addeti ai lavoro scrissero meraviglie, tant’è che il portiere era seguito anche da Roma e Chelsea. Proveniente dallo Jagiellonia, club della città di Białystok, Dragowski sapeva di essere destinato a grandi palcoscenici ma sicuramente a Firenze la sua perseveranza è stata messa a dura prova:con l’arrivo di Alban Lafont sembra infrangersi definitivamente il sogno di trovare un posto da titolare con la maglia gigliata.
Nel Gennaio 2019 quando viene ufficializzato il suo passaggio all’Empoli in prestito secco fino a Giugno, la svolta che non ti aspetti: perché non solo Dragowski impiega pochissimo tempo a ribaltare le gerarchie sia nella gestione tecnica Iachini che nell’ Andreazzoli bis, ma riesce a costruire in pochissimi mesi un nuovo percorso professionale caratterizzato da una crescita verticale nelle prestazioni che domenica dopo domenica registrano numeri impressionanti. I numeri di Dragowski sono assolutamente da record: la sua quota di interventi per match è di 5,1, la più alta in massima Serie per i portieri con più di 10 presenze. Parate spettacolari, interventi precisi, prestazioni in cui la anche la retroguardia empolese sembra ricompattarsi. In occasione del match tra Atalanta e Empoli terminata 0-0, Dragowski ha compiuto 17 parate, 10 gli interventi decisivi contro la Fiorentina nella vittoria al Castellani e ben 12 quelli compiuti a San Siro.
Fondamentale nel suo processo di crescita sicuramente l’operato del tecnico Andreazzoli, un allenatore che alle sue squadre cerca sempre di comunicare una filosofia di calcio propositivo e intenso che suoi schemi coinvolge con sollecitudine anche l’estremo difensore al quale viene chiesto di prendersi dei rischi, impostando l’azione a partire dlla sua area.
In una partita come quella di oggi pomeriggio i dettagli saranno fondamentali. Vietato sbagliare, vietato trascurare i dettagli, mostrarsi vulnerabili. Dopo “l’era Frey” la Fiorentina ha avuto estremi difensore sicuramente di buon livello ma nessuno in grado di aprire un proprio ciclo, imporre il proprio stile, dare continuità e sicurezza alla porta gigliata, potando a fine stagione un bottino punti di oltre 10 punti. Se Dragowski si candida ad un futuro da protagonista, questo è il match giusto per dimostrare il suo valore.