Marcelo Gallardo, allenatore del River Plate, ha dichiarato con un mortificante avvilimento che quella di questa sera, a prescindere dal risultato, non è e non sarà mai la finale che tutti avevano sognato. Un Superclasico che di classico non ha proprio niente, la prima volta che il titolo di Copa Libertadores viene assengato lontano dal suolo sudamericano. «Tra un po’ ripenseremo a tutto quello che sta succedendo e lo ricorderemo come una vergogna assurda. Oggi non possiamo fare nulla, perché dobbiamo giocarla questa partita. Ma hanno fatto un furto ai nostri tifosi. Abbiamo perso la possibilità di giocare la finale in casa, ragazzi!”
Se in pochi hanno realmente considerato il comunicato del River Plate, forse le parole di Gallardo saranno impossibili da ignorare: il club non si ritiene responsabile dei disordini di quella gara di ritorno nella quale effettivamente molte dinamiche sarebbero da chiarire.
Negli scorsi giorni abbiamo parlato con chi quella sera c’era: Carlo Pizzigoni, esperto e soprattutto appassionato di futbol e di Sud America ci aveva raccontato quell’assurda giornata di Novembre che lui aveva scelto di vivere in mezzo ai tifosi. Una testimonianza che sicuramente dà un valore diverso alle parole del tecnico del River.
Ne riproponiamo uno stralcio…
- Veniamo appunto al tuo rapporto con il Sud America…sei tornato da pochissimo da un viaggio sicuramente molto interessante, quello in Argentina, dove eri andato per assistere alla gara di ritorno del Super Clasico tra River e Boca. Cosa puoi dirci di quella sera al Monumental?
Sono circa quindici anni che vado in Sud America, ovviamente l’ultimo viaggio aveva grandi aspettative visto che a Buenos Aires andava in scena la gara di ritorno del Superclasico, finale di Copa Libertadores: parlare di cosa è accaduto presuppone aprire un capitolo piuttosto complesso che ha a che fare con dinamiche che a mio avviso non sono troppo legate al calcio. Unisco semplicemente i puntini… la valenza della partita era la più alta di sempre, ma non era certo il primo incontro della storia tra River e Boca, ergo la polizia doveva essere pronta a gestire un evento del genere. Il tifo argentino è appassionato, un amore totale e totalizzante e si conoscono anche quelle che sono le dinamiche legate alle Barras Bravas ossia le frange più violente del tifo argentino che purtroppo si sono trasformate in vere e proprie organizzazioni criminali ma ci sono situazioni stranissime legate anche ai giorni precedenti della partita come il blitz effettuato dalla polizia nelle abitazioni di alcuni capi ultràs del River, in cui sono stati sequestrati circa 300 biglietti e 7 milioni di pesos in contanti. Un’operazione effettuata a poche ore dalla partita che ovviamente poteva essere fatta scattare prima.
Il giorno della finale volevo vivere la partita in mezzo ai tifosi quindi e mi sono avviato verso lo stadio attraverso i regolari varchi che erano stati allestiti per gestire il pre-filtraggio e dovevano essere aperti dalle ore 13:00: arrivato in prossimità del varco di Avenida Quinteros ci siamo accorti che quello era l’unico passaggio ancora chiuso. La gente si è iniziata ad ammassare in fila, una situazione diventata insostenibile per ore e soprattutto un provvedimento immotivato. Da quale varco è stato fatto passare il pullman del Boca? Da quello, ossia dall’ultimo aperto. Un pullman per altro normalissimo, non blindato, con vetri non infrangibili e soprattutto con lo stemma gigantesco del Boca Junior. Da lì ovviamente le persone che avevano atteso per tanto tempo hanno iniziato a lanciare di tutto contro il bus e la polizia ha reagito caricando la folla con i lacrimogeni. E’ assolutamente inesatto parlare di tifosi armati di lacrimogeni che sarebbero addirittura entrati all’interno dell’autobus.
Io ero già dentro stadio e posso raccontare di un’atmosfera di attesa bellissima ed emozionante…
- Per fare un confronto nella gestione della crisi, girano sul web le immagini del pullman del Manchester City accolto non in maniera migliore dai tifosi del Liverpool…
Appunto: ma ci sono delle misure di sicurezza tali da garantire l’incolumità dei giocatori. A cominciare dai vetri….
- Le continue provocazioni, le misure di sicurezza blande… insomma qualcosa non torna.
A cominciare dal fatto che il Presidente del Boca Junior, Daniel Angelici, non era in Argentina quella sera
- Andrai a Madrid?
Non lo so, deciderò all’ultimo minuto. Resta comunque la grande amarezza di sapere che non è quella la partita che si sarebbe dovuta giocare. Sono stato per due sere al Monumental e ti posso assicurare che in quello stadio, in quella sua atmosfera, in quelle persone, risiedeva la vera essenza di quella finale.
Photo by @CarloPizzigoni
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