Se il goal del vantaggio dell’Hellas Verona arriva dopo un convincente avvio di partita da parte della squadra di Juric, la rete del pari viola è ben oltre la “zona Cesarini”. E mentre Cutrone scappa dall’abbraccio dei compagni per saltare in collo a Iachini, molti di noi si riavvicinano increduli al televisore, altri addirittura lo riaccendono dopo che con un gesto di incontrollata stizza avevano voluto almeno risparmiarsi quell’espressione di amarezza e disorientamento ormai nota, dipinta sui volti dei giocatori viola al triplice fischio. E’ il goal che arriva un attimo prima della resa, il miracolo che illumina quando tutto attorno a te ti diceva che era logico piegare il capo, mentre tu, grazie a Dio, per caparbietà o totale disperazione non lo hai fatto.
Ecco, dato il rocambolesco finale viene da chiedersi come sia possibile imbastire una polemica direttamente dal campo a partita praticamente conclusa: ci sono ancora gli echi di un goal benedetto, una di quelle carambole che risolleva dagli abissi più neri quando Federico Chiesa, subentrato a partita in corso e autore dell’assist vincente per Cutrone, rivolgendosi non è ben chiaro a chi ma tanto lo sappiamo, si esibisce in quello che ormai per molti calciatori altro non è che un polemico esercizio di stile: il dito davanti alla bocca.
L’impresa non è delle più difficoltose: lo stadio è vuoto. Bel contraddittorio. La partita è finita. Ergo, chiudo con uno splendido assist e non sbaglio più (perchè non lo ha fatto dopo la pedata a Ribery contro il Cagliari?!?). Insomma il gesto di Chiesa, più che l’esultanza di Batistuta al Camp Nou, ricorda un po’ i piccati discorsi mentali che ci facciamo la sera prima di addormentarci quando ripensiamo a qualche discussione del passato e troviamo le risposte perfette da dare a chi ci ha fatto arrabbiare.
Ecco, io credo davvero che Federico Chiesa non sapesse come scrollarsi di dosso la frustrazione e la comprensibile paura per il momento che sta attraversando la squadra (ancora!). Credo che molte ipotesi sul suo futuro calcistico possano averlo in qualche modo esasperato, soprattutto quando i rumors di mercato sono arrivati in concomitanza con periodi di non facilissima gestione di un campionato che lo scorso anno si è concluso in maniera thriller e che è poi ricominciato fin dal primo istante in salita. Credo che la priorità per Chiesa, a prescindere dal suo futuro o dalle intenzioni dello scorso anno, non sia quella di partire a tutti i costi, andando addirittura a colpire quella che ha sempre definito come la “tifoseria del suo cuore” con un fendente imperdonabile, ossia scegliendo di vestire la maglia della Juventus.
Credo che Chiesa la propria professione non sia soltanto un divertimento ma qualcosa che necessariamente va fatto con convinzione e presenza. Sono anche certa però che nello spessore del giocatore l’aspetto mentale sia fondamentale: tempra, carattere, nervi saldi e tutte le altre qualità che ti fanno evitare come la peste un’uscita del genere! Arriva il momento in cui si deve dimostrare il proprio valore, mostrare agli altri il quadro generale e non solo la bella giocata. Saper gestire momenti come questi non affidandoci al piagnisteo di mettere un dito davanti alla bocca è basilare! Sarebbe bastata un’intervista chiara, una presa di posizione ferma e serena non tanto per comunicare al mondo le proprie intenzioni sul futuro, ma per ribadire il massimo dell’impegno, chiedere rispetto, spiegare anche qualche oscura dinamica di calciomercato della scorsa estate, ribadire che le pressioni su di lui si ripercuotono sulla squadra. Insomma cercare empatia in un momento che sul piano psicologico rischia di essere travolgente.
Mercoledì arriva la partita che ci fa più paura. 90 minuti che renderebbero la Fiorentina libera o spaventosamente invischiata. Finalmente fuori o pericolosamente dentro. Quel dito davanti alla bocca non ci voleva proprio! Quell’assist si! Ripartiamo da quello.