Lazio – Fiorentina è una partita che va analizzata da prima del fischio di inizio, partendo dal presupposto che i padroni di casa hanno un valore specifico importante, colpevolmente passato in sordina in tutti quei mesi durante i quali, l‘Inter di Conte pareva essere l’unico club ad avere il diritto di ricoprire il ruolo di “Anti-Juve”.
Storicamente un progetto come quello della Lazio, per uomini, esperienza, preparazione e fattore campo e versatilità, ha tutte le carte in regola per vincere un campionato. La Fiorentina si presenta insomma ad appuntamento importante e difficile contro un’avversaria che se alza la testa vede la vetta nonostante la brusca e inaspettata frenata contro l’Atalanta terribile di Gasperini, distratta venti minuti e altrettanto devastante per altri venti. Quelli decisivi.
Iachini deve rinunciare a due uomini importanti, Chiesa e Caceres, pedine quasi inamovibili in tutti i suoi sistemi e fondamentali in questo atipico calcio di Luglio dove i cambi a disposizione sono 5 e soprattutto deve accontentarsi di vedere la partita da lontano dove con i dirigenti viola sconta la squalifica rimediata nel match contro il Brescia.

E’ uno che sente il campo Beppe, che ascolta il respiro della squadra dalla linea allo stesso tempo sottile e gigantesca che divide “l’arena” dalla panchina ed è forse quella distanza esagerata a non renderlo reattivo nel momento che serve, a fargli commettere l’unico fatale errore. Si perchè di fatto Iachini ha il coraggio di rivoluzionare quanto e quando serve, ripropone Ghezzal in mediana dopo i 6 minuti da incubo contro il Brescia, capisce che la squadra ha bisogno di ordine e imprevedibilità e schiera in campo dal primo minuto Cutrone. La Fiorentina propone e si difende con ordine, non viene schiacciata dai ritmi di una squadra che ha fatto della fame la sua forza, e Lazzari a parte, disinnesca senza arrancare il miglior arsenale di Inzaghi. Insomma è un peccato che la partita non sia stata letta con la puntualità con cui è stata preparata. Pensare che un centrocampo composto da riserve potesse reggere 90 minuti di pressione è stata un’ ingenuità che la Fiorentina ha pagato.
Il conto che l’Olimpico rimette ai gigliati è salatissimo e ingiusto. Inutile filosofeggiare troppo sul rigore concesso ai biancocelesti, sulla gestione delle chiamate del VAR e soprattutto su quella dei cartellini: un errore dietro l’altro che sarebbe ridicolo analizzare con chiunque abbia almeno un’infarinatura di base del regolamento. Inzaghi che questa volta esce sereno dal campo nonostante l’espulsione e commenta “Il rosso di Fabbri? C’era nervosismo, ho cercato di aiutare, sono soltanto entrato in campo” è la fotografia più nitida di una partita che come spesso accade nel calcio, non ha il finale che la trama avrebbe suggerito.
Siamo certi che mai come questa volta l’antico adagio “Chi vince festeggia e chi perde spiega…” sia d’aiuto da una società che a parti invertite avrebbe sicuramente avuto qualcosa di più da dire.
E anche la Fiorentina adesso non ha tempo per dare spiegazioni, finirebbe col trovare pericolosissimi alibi: raccogliere i cocci, ripartire da quel che di buono si è visto e soprattutto trovare quella vittoria che darebbe la spinta giusta per svoltare questo finale di stagione sarebbe fondamentale. 1 punto da due partite in cui avresti meritato di vincere è certamente sfortuna ma non solo…