La somma degli sbagli che la Fiorentina ha commesso rappresenta di fatto i tasselli di un pareggio che va, obbligatoriamente, letto come un fallimento. Pericoloso sarebbe fare diversamente. Torna la Serie A all’”Artemio Franchi” e con il calcio torna Frank Ribery, trascinante e voglioso, il primo ad accendersi tra i gigliati e richiedere ai suoi il cambio di ritmo che stentava ad arrivare in un avvio stentato e grigio, reso ancor più tedioso dal clima surreale di uno stadio vuoto.
Il fenomeno con numero 7 suona il primo squillo ma il più costante e convinto nel raccogliere l’invito è sicuramente Gaetano Castrovilli che al rientro fa quello che può per tornare ad essere il “tuttocampista” che ha incantato Firenze e Mancini, il punto di riferimento senza il quale la squadra sbanda. La Fiorentina non è brillante ma visto i limiti di un Brescia di fatto sempre inferiore, si convince che basti. Che errore! I viola post quarantena sono ancora una squadra che cerca la sua crescita, che non può contare su grosse certezze e che quindi non può accontentarsi nemmeno un secondo! Detto fatto e come volevasi dimostrare alla prima incursione in area di rigore la squadra di Lopez manda in confusione la difesa dei gigliati e conquista il calcio di rigore che sblocca la partita.
Davanti agli occhi dei tifosi seduti sul divano di casa, ancora bloccati alla scrivania di lavoro o magari in viaggio ricompaiono funesti gli specchi di quelle partite che hanno compromesso così gravemente la stagione, le sconfitte contro Lecce, Torino, Cagliari, Verona, quel tremendo filotto dove dopo il goal subito la squadra sapeva andare soltanto in corto circuito. E invece che qui la Fiorentina è brava a reagire, non perdere la pazienza, alzare il pressing senza diventare convulsa e agitata. German Pezzella, fa il resto con “la specialità della casa” e riporta in parità il risultato.
E’ un gruppo unito la Fiorentina e lo è ancor di più con Ribery in campo. E’ un faro Frank non solo per la classe e le idee, le giocate che costruisce e i varchi che crea ma per la fiducia che infonde nei compagni. Nella ripresa il Brescia abbandona l’idea di affondare, addirittura rinuncia a qualsiasi marcatura preventiva a centrocampo per poter scalare in blocco negli ultimi 20 metri: l’area di rigore della squadra di Lopez si trasforma in una foresta di gambe e pressione ma la Fiorentina ha il grande merito di riuscire di alleggerire la densità delle Rondinelle sfruttando al meglio il fraseggio in velocità dei suoi uomini più dotati, Ribery, Chiesa e Castrovilli e approfittando del campo aperto arriva spesso davanti a Joronen. Poco cinica negli episodi chiave, sfortunatissima in quelli fondamentali la Fiorentina si vede annullare due goal e pur provandoci sempre con generosità e coraggio, anche e soprattutto quando l’impalpabile Ghezzal (capitolo che prima o poi dovremo approfondire) costringe Caceres al fallo che gli vale l’espulsione, circa dal 75′ in poi si ha la cupa sensazione che, anche se la partita andasse avanti fino a mezzanotte, la squadra di Iachini non riuscirebbe a segnare.
Non bastano i lampi a questa Fiorentina così unita ma anche così fragile, una squadra che non ha mai avuto tempo e adesso condannata a non sbagliare mai. Inutile raccontarcela, già si è sbagliato troppo! Questa squadra non può e non deve diventare lo specchio impaurito di un momento incerto e spaventoso. Deve tornare a riprendersi gioco e punti, a brillare nello stadio che è “casa sua”, spazzare via dal campo squadre con limiti strutturali evidenti come il Brescia, pretendere da sé stessa una convinzione e una concentrazione costanti. Non è causale subire sempre al primo rischio costruito dagli avversari, anche e soprattutto se hai il controllo della partita. Perchè è vero, è giusto e motivante pensare al futuro, al mercato che potrebbe essere, ai giocatori che arriveranno, lo stadio, gli allenatori. Ma senza presente il futuro rischia di venir spazzato via da dubbi e incertezze. Quello che verrà è quello che sarà costruito adesso, a partire dal campo.