E’ una domenica di Marzo fredda quella di Udine. Silenzioso, sterminato e desolatamente vuoto lo stadio “Friuli” si accende e si trasforma nel surreale palcoscenico di una partita che ben rispecchia il contesto circostante. Fiorentina e Udinese conoscono aritmeticamente l’importanza della partita, fondamentale dopo i risultati a sorpresa del pomeriggio, sanno bene su quali caratteristiche potrebbero puntare, quali sono i punti deboli dell’avversaria.
Ma è una Fiorentina col freddo dentro quella che scende in campo… I nervi tesissimi da una settimana di totale scollamento dalla realtà sono praticamente stati fatti a pezzi dal valore emotivo di una trasferta che sembra non aver mai fine per i giocatori viola, costretti a fare avanti-indietro proprio da Udine, una meta che uomini come Pezzella, Chiesa, Milenkovic, Benassi, Badelj e molti altri vorrebbero dimenticare per sempre.
Andare al “Friuli” e tornare a Firenze senza aver giocato, psicologicamente, è stato un colpo bassissimo: una scelta inevitabile certo, un provvedimento dovuto, ma resta il fatto che per la Fiorentina quel “andirivieni” senza fine rischiava di costare tantissimo a livello mentale. Ieri alla notizia dell’ennesimo rinvio, poi scongiurato, siamo certi che Iachini si sarà trovato costretto a raccogliere i cocci di un gruppo con la concentrazione sotto i piedi.
Alla fine Udinese – Fiorentina si è giocata. Nel freddo, nel silenzio e forse anche nella paura di farsi male. Alla Fiorentina salta praticamente ogni trama di gioco quando fin dalle prime battute del primo tempo ci si accorge che no, questa non sarebbe stata la miglior domenica di Gaetano Castrovilli e che Milan Badelj, preferito a Pulgar per le sue doti nel palleggio, non sarebbe mai stato in grado di dettare ordine e geometrie, travolto dalla fisicità di un centrocampo non irresistibile dal punto di vista tecnico ma per lo meno disposto a lottare sul piano fisico. Annaspa, sbaglia, prova ad affidarsi a qualche guizzo, ma il risultato è una pericolosissima confusione che Duncan riesce sì a gestire ma che sicuramente non dovrà ripetersi.
Sulla questione tridente le considerazioni sono ovvie ma non banali. E’ vero, la Fiorentina ha risentito in modo determinante dell’ingresso in campo di Cutrone, anzi, sia nel match contro il Milan che in quello contro l’Udinese, i gigliati hanno creato occasioni concrete che avrebbero permesso alla squadra di fare addirittura bottino pieno in extremis. L’interrogativo rimane quindi lo stesso: perché non prima? Perché non dall’inizio? Iachini se lo aspetta, gestisce e spiega. Non ci gira attorno e argomenta su due binari la scelta. Bene il finale ma siamo sicuri che la squadra avrebbe dimostrato solidità, muscoli ed equilibrio per proporsi fin dal primo minuto con uno schieramento certamente fuori dalle sue corde? Tatticamente la Fiorentina non può permettersi adesso stravolgimenti soprattutto perché ogni passo falso rischia di essere fatale. Il centrocampo è in grado di reggere il colpo? Più che discreto l’apporto di Duncan in mediana ma è innegabile che ci siano dei problemi nel ballottaggio Pulgar-Badelj, entrambi in affanno e che Castrovilli debba fare i conti con un calo fisiologico assolutamente legittimo. Chiesa è in ripresa ma rimane osservato speciale, un giocatore praticamente mai a riposo che può garantire intensità e peso offensivo solo riducendone il campo di azione, Vlahovic è forte di un potenziale illimitato ma non può essere caricato del peso che incombe su attaccanti più esperti. Insomma le idee e le soluzioni sono più che legittime ma devono essere supportate da mezzi adeguati che attualmente secondo Iachini non ci sono.
Il pareggio di Udine in quanto a solidità e pragmatismo è una conferma ma sussistono sempre delle lacune preoccupanti: la Fiorentina ha dei cali che possono risultare fatali, si auto-crea troppo spesso i pericoli maggiori, innescando le ripartenze avversarie, con disattenzioni clamorose. Se con Montella sussistevano innegabili problemi di intensità, compattezza e convinzione, adesso è il caos il grande nemico di una Fiorentina che deve gestire il più possibile, proiettarsi verso una zona tranquilla di classifica e poi iniziare ad avere un’identità non solo pratica ma anche ambiziosa.