C’è stato un momento in cui la sensazione del rimpianto è stata fortissima e non è stato durante il recupero, quando la Fiorentina prima trova il pareggio e poi rischia addirittura di vincere la partita, approfittando della disperazione nerazzurra e orchestrando un gran contropiede, finalizzato poi nel peggiore dei modi. L’amarezza concreta i tifosi della Fiorentina l’hanno masticata sotto i denti pochi minuti dopo il goal del vantaggio dell’Inter quando la squadra invece di abbassare la testa e reagire con il consueto abulico caos, ha continuato a ragionare, costruire, attaccare. La testa giusta nel momento più difficile. Senza quello svarione difensivo, praticamente l’unico in 90 minuti, sarebbe stata totalmente un’altra partita.
Imprecisa ma generosa, la Fiorentina del primo tempo e quella della ripresa è una squadra “malata” ma finalmente fiera, decisa almeno a non farsi travolgere, a non farsi mettere nell’angolo da un’avversaria più forte ma che di fatto non meritava il vantaggio. Piuttosto approssimative le considerazioni che vogliono Conte come il primo fautore della prestazione rinunciataria dell’Inter a Firenze, stanca per le fatiche di Champions ma di certo motivatissima per l’obiettivo campionato. I tre punti contro la Fiorentina significano primo posto in solitaria e questo l’allenatore dell’Inter lo sa bene. Le squadre di Conte fanno dell’intensità e dell’aggressività la propria cifra stilistica, sono efficaci e non solo spettacolari quando possono dare al loro gioco un ritmo martellante, è chiaro che dopo la rete di Borja Valero sfruttare il contropiede è un’occasione ghiottissima, ma è palese che la Fiorentina non sia stata semplicemente “lasciata giocare” per chissà quale scelta ragione tattica.
Finalmente cerebrale e non solo istintiva, la squadra di Montella cerca soluzioni e nonostante si trovi a dover recuperare decide di non prestare il fianco alla confusione mentale che nelle ultime settimane ha paralizzato le gambe e abbuiato la mente. La serie infernale di sconfitte inanellate contro Lecce, Torino, Cagliari e Verona sono risultati che avrebbero fatto vacillare chiunque, il goal di Borja Valero dopo 7 minuti avrebbe potuto rappresentare il colpo di grazia. L’impressione è ancora quella che Montella non sia l’uomo giusto al posto giusto, che le esperienze degli ultimi anni abbiano lasciato scorie pesanti, ma l’abbraccio di Vlahovic, la rabbia di Boateng, il sacrificio di Pezzella e la determinazione nel non abbandonare mai la squadra di Frank Ribery, dicono che lo spogliatoio è con lui.
La Roma non è solo un banco di prova ma un imperativo categorico. Per Montella, per i giocatori, per il Club ma soprattutto per i tifosi che devono sapere avere dalla loro parte uomini che combattono per la stessa battaglia, un gruppo unito ma anche anche una squadra di calcio valida, capace di giocare e vincere sul campo le sue battaglie più importanti. Questo clima con questi risultati non durerà per sempre. E’ doveroso ribadirlo.
La Fiorentina di Montella è una squadra che soffre terribilmente le avversarie che corrono, una colpa gravissima arrivati a questo punto della stagione dove la preparazione e la fluidità di manovra dovrebbero giocare un ruolo rilevante nell’economia del gioco e nell’identità di un collettivo. Gioco ad alta intensità e ritmi serrati sono i peggiori nemici della Fiorentina che pare non avere mezzi tecnici e gambe per fronteggiare le avversarie, abbassare la pressione e costruire con lucidità. Il risultato è che i viola si trovano sempre a rincorrere, una costante pericolosissima e difficilmente rimediabile a gara in corso. Contro l’Inter il cambiamento è stato percettibile, sostanziale, ma deve trovare continuità (e magari un po’ più di precisione in fase di impostazione).
Venerdì al Franchi arriva una Roma rinfrancata da una vittoria all’Olimpico decisamente importante, una squadra che è di fatto lo specchio del suo allenatore, un tecnico che per idee e per sistemi molto simile ad una vecchia conoscenza gigliata, il connazionale Paulo Sousa. Idee interessanti, visione di gioco propositiva ma mancanze alle volte marchiane, scivoloni che rendono la Roma una candidata alla zona Champions ma con riserva. Capace di opporsi con compattezza nonostante le assenze all’entusiasmo di San Siro contro un’Inter dall’agonismo furente, vittoriosa contro il Napoli in una partita ad altissima intensità, agonista e orgogliosa nel derby, giocato contro una Lazio “in formissima”, la Roma è però inciampata in partite assolutamente abbordabili, contro avversarie che per esperienza e ambizioni avrebbe dovuto spazzare via.
Un progetto tecnico nuovo affidato ad un allenatore emergente che però ha pagato una certa diffidenza della tifoseria, inevitabilmente influenzata dalla rottura di Francesco Totti con la dirigenza giallorossa che in conferenza stampa lamentò soprattutto di non essere stato ascoltato dai vertici societari al momento di scegliere il nuovo mister. La Roma di Fonseca è una squadra costruita ricercando l’equilibrio, una qualità che nella Fiorentina di fatto manca, ma che ancora non ha un’impronta di gioco coerente e riconoscibile in tutte le partite.
A Montella non solo l’obbligo di dare continuità al gioco dei suoi ma di migliorarlo! Contro l’Inter troppi i momenti in cui i viola avrebbero dovuto affondare il colpo, alzare il ritmo per colpire un’avversaria di fatto stanca e un po’ provata nello spirito. Una squadra che al Franchi si giocava il primo posto in solitaria, non dimentichiamolo.