Un weekend decisamente pirotecnico dove gli uomini di Montella saranno chiamati a confermare le ottime prestazioni delle ultime settimane e dove il Napoli e dovrà mostrare il suo vero volto (e di conseguenza le sue ambizioni per il futuro), chiuso da un big match dal peso specifico super: Inter – Juventus.
Sono tanti i temi di cui parlare con Antonio Di Gennaro, inconfondibile voce delle più importanti sfide della Serie A e del calcio internazionale che da due anni racconta i match di un Italia in “ricostruzione”, una squadra reduce da una delusione difficile da superare, costretta a cambiare pelle e che già la prossima settimana potrebbe festeggiare un traguardo importante, ossia la matematica qualificazione a Euro 2020.
Intervistato in esclusiva per Sport Fiorentina in una giornata decisamente particolare per lui (è il giorno del suo compleanno), Antonio Di Gennaro tra i tanti temi trattati ci ha raccontato di più di quella che è la sua nuova carriera di telecronista, un’esperienza che dura da oltre 15 anni che lo entusiasma e lo appassiona ma che a volte gli fa sentire forte la mancanza del campo…
- Una domenica di Serie A impegnativa che terminerà con Inter – Juventus lascerà spazio alla Nazionale di Roberto Mancini. La qualificazione a EURO 2020 sembra davvero prossima, per “l’Italia che verrà” a che punto siamo?
Direi che è stato un crescendo sicuramente convincente: dopo il clamoroso fallimento della qualificazione al Mondiale in Russia, uno smacco accaduto soltanto nel 1958, gli Azzurri di Roberto Mancini dovevano ricostruire non soltanto un nuovo progetto tecnico ma un entusiasmo che pareva sopito da una delusione senz’altro difficile da archiviare. La matematica qualificazione al prossimo Europeo potrebbe arrivare già nel primo match, mancano soltanto 3 punti e gli impegni non sono certo proibitivi ma la vittoria deve diventare una costante di questa squadra che con i successi e il bel gioco sta di fatto tornando ad appassionare gli italiani.
- Quella di telecronista è un’avventura professionale che la accomuna a molti suoi ex colleghi calciatori e che l’ha riportata sui campi più importanti di tutta Europa. Un “uomo di campo” come vive e si approccia a questo nuovo ruolo?
Un’esperienza professionale interessante e bellissima resa ancor più unica dall’essere iniziata praticamente per gioco… dopo l’esperienza come tecnico in seconda di Fatih Terim, nonostante avessi ancora oltre un anno e mezzo di contratto con il Milan, ho iniziato a pensare a quelle che erano le potenziali strade che poteva prendere la mia carriera. Stream TV è stata la piattaforma televisiva che ha ospitato la mia prima esperienza come telecronista, un inizio che mi ha sicuramente interessato e divertito visto che dopo 11 stagioni a SKY e 4 a Mediaset sono già due anni che collaboro con la RAI. Certo il campo mi è rimasto dentro, ho adorato il calcio e ho avuto la carriera che sognavo, spesso quando torno nei grandi stadi d’Europa la voglia di vivere ancora certe emozioni è forte… però devo dire che poter parlare di calcio e provare a farsi interprete delle grandi emozioni che questo sport regala è una bellissima opportunità!
– Una carriera iniziata a Firenze, indossando i colori della sua città…
Ricordo ancora il giorno in cui a 9 anni mio padre mi accompagnò al NAGC dove mi sarei iscritto per la prima volta a calcio…. gli fu risposto che ero ancora troppo piccolino e che avrei potuto entrare a far parte di una squadra, soltanto l’anno successivo. Avevo già 9 anni e fino a quel momento la mia esperienza con il calcio si limitava al campetto dell’oratorio, ai giardini e al cortile. Ho vestito la maglia della Fiorentina per 12 anni, conservo nella mia memoria ricordi bellissimi, compagni di squadra e amici fondamentali nella mia formazione di calciatore e di uomo. Dopo un anno trascorso a Perugia, sentivo l’esigenza di trovare più spazio, la voglia di dimostrare le mie capacità e probabilmente a Firenze non avrei potuto avere questa possibilità… e così sono arrivato a Verona!
– Un disegno quello del destino niente male, direi!
Guardandomi indietro, mai avrei osato sperare tanto. Lo scudetto vinto con il Verona è stato il coronamento di un periodo bellissimo, del percorso di un gruppo che non si è mai tirato indietro e che pur partendo dal basso, dalla Serie B, è sempre stato ambizioso e sognatore. Arrivai a Verona praticamente per caso visto che sembravo ormai destinato ad approdare all’Ascoli di Carlo Mazzone, il tecnico che mi aveva fatto esordire in Serie A e che non ha mai nascosto la sua stima nei miei confronti. Mi trovato in vacanza in Sardegna, la chiamata dell’Ascoli ancora non era arrivata e Tito Corsi mi consigliò di prendere in seria considerazione l’offerta del Verona, una realtà in netta crescita dove avrei potuto trovare la mia dimensione ideale.
– Aveva ragione…
Si.. ho fatto bene a fidarmi del suo consiglio e del mio istinto. Dopo aver vinto il Campionato di Serie B e conquistato la massima Serie, avemmo il grande merito di dimostrare fin da subito la nostra ambizione, consolidando così la nostra esperienza. Dopo il 4° posto ottenuto a sorpresa nella stagione 82/83 giocando un bellissimo calcio, nel 1984 arrivammo a giocarci la finale di Coppa Italia contro la Roma. Al termine della prima frazione, Falcao, probabilmente rimasto impressionato dalla mia prestazione, mi si avvicinò e con grande naturalezza mi sottopose una proposta che mi lasciò a bocca aperta ossia mi chiese se la stagione successiva avrei potuto gradire Roma come prossima destinazione. Come non pensarci? La Roma era con la Juventus il Club che dominava la scena in quel momento, giocare a fianco di un fuoriclasse come Falcao rappresentava un sogno! Certo avevo un contratto da rispettare ma la probabilmente la volontà di vestire la maglia giallorossa non è mai stata così forte… forse in fondo sapevo che il meglio doveva ancora venire. Lo scudetto del 1985 rappresenta un capitolo importante della mia storia personale, un bagaglio di emozioni incredibili che sento ancora vive nonostante siano passati quasi 35 anni.
- Nato calcisticamente nella primavera della Fiorentina il Suo esordio in massima Serie è datato 1976, appena diciottenne… pensa che ci sia ancora un po’ di timore nel lanciare i giovani della Primavera in prima squadra?
Credo che dopo un periodo decisamente negativo dove dai vivai uscivano veramente pochi talenti l’Italia stia considerevolmente migliorando. A volte alcuni Club peccano di poco coraggio,non si fanno le giuste valutazioni e si rischia di bruciare giocatori dotati di grande talento. In alcuni casi è questione di tempi, in altri di ruolo… Dopo l’eccellente lavoro svolto dall’Atalanta, anche la Fiorentina sta dando dimostrazione di voler puntare su una programmazione coraggiosa e lungimirante. L’insistenza della nuova proprietà per la realizzazione di un centro sportivo efficiente e completo è la prova di come ormai il calcio non possa prescindere da strutture all’avanguardia, la base di lavoro necessaria dove poter formare squadre complete e competitive.
- Parlando di giovani e di Fiorentina la domanda su Gaetano Castrovilli viene naturale… un giocatore proveniente da una realtà, Bari, che peraltro lei conosce molto bene!
Castrovilli è un giocatore di grande talento con prospettive importanti e qualità umane non da meno: è un ragazzo umile che sa mettersi a disposizione della squadra, vuole migliorarsi e non si accontenta mai, una qualità forse più importante del talento. Inutile dire che Castrovilli a Bari è molto rimpianto: una serie di circostante hanno portato il Club a cederlo per una cifra ben lontana dall’effettivo valore del giocatore che forse proprio a Bari non aveva avuto modo di esprimersi al meglio per motivi di ruolo. Ricordo che 6 anni fa in una trasmissione televisiva mi espressi piuttosto dubbioso rispetto alle richieste tattiche che erano fatte a Castrovilli, un centrocampista a tutto campo, moderno, talentuoso e instancabile. Io stesso ai tempi di Verona cambiai ruolo su consiglio di Mister Bagnoli, una “piccola rivoluzione tattica” che mi ha permesso di diventare un giocatore più completo, un riferimento per la squadra e togliermi quindi soddisfazioni importanti. Montella ha fatto bene ad imporsi per trattenerlo nel gruppo, con Milan Badelj e Pulgar forma un pacchetto mediano di assoluto livello. Conoscendo i fiorentini, capisco bene perché Gaetano sia già entrato nei loro cuori.