Nell’autobiografia di Johan Cruijff “La mia Rivoluzione” c’è un tema che ricorre spesso ossia il peso che la storia di Cruijff aveva nelle decisioni di Ajax e Barcellona. Nel caso specifico del fenomeno olandese la possibilità dei Club di trattare era decisamente limitata: “o con me o contro di me”, per Johan venire a compromessi non era un’opzione percorribile nonostante l’amore che lo legasse ai Lancieri e ai blaugrana. Nel momenti in cui non si sentiva apprezzato e ascoltato lui preferiva fare un passo indietro. Perdere l’incarico ma non la sua integrità, la sua libertà di pensiero.
Il problema vero è che al passo indietro di Cruijff spesso seguiva un terremoto mediatico e sportivo. Stampa e tifosi iniziavano a dubitare del buon operato delle Presidenze, attingevano a piene mani dalle dichiarazioni sempre piuttosto sincere di Crujiff iniziavano a scavare più a fondo rispetto a determinate questioni che i vertici dei grandi Club non mettono in piazza molto volentieri. Johan Cruijff è stato molte cose ma non un semplice “uomo immagine”:
Aveva una voce e pretendeva venisse ascoltata. Ha insegnato questo ai suoi uomini ed effettivamente le carriere di Guardiola, Begiristein, Overmars e Van der Sar nei rispettivi Club e nei rispettivi ruoli, raccontano molto di quella rivoluzione. In Italia essere una bandiera negli ultimi anni è diventata cosa piuttosto complessa. Sembra infatti che le dirigenze delle società vi si approccino come si fa con degli ordigni pronti a brillare.
Nella settimana in cui Francesco Totti annuncerà il suo addio alla Roma con una conferenza stampa indetta al CONI e non a Trigoria e in cui la Fiorentina con tutta probabilità ufficializzerà il ritorno in società di Gabriel Omar Batistuta, questa realtà ci torna prepotentemente davanti e si rende impossibile da ignorare. Si dice che nel calcio i soldi finiscono col fare il bello e il cattivo tempo. Si ribadisce spesso come siano i grandi capitali a far paura, a spostare gli equilibri, a costringere un Club a cambiare le loro dinamiche e condizionare il mercato. Beh, sono sicuramente importanti ma la vera potenza delle emozioni è uno schiacciasassi che nessuna proprietà può arginare.
Si dice che nel calcio non vi è riconoscenza, soprattutto da parte tifosi. Il problema è che quando c’è, finisce con l’essere cieca e colma d’amore. E questo spaventa. Che un uomo solo sia in grado di guidare un popolo riduce il potere delle società, le relega ad un ruolo che non sempre le fa apparire legittimate. Rocco Commisso proviene da una cultura sportiva molto diversa rispetto a quella italiana, ha un approccio al calcio e alla città diametralmente opposto rispetto a quello di James Pallotta. Accarezza Firenze nel suo orgoglio, crede fortemente nel potere dell’unità e capendo di venire da troppo lontano ricerca nel Mondo chi può fargli da guida nel cuore dei Fiorentini.
Gabriel Omar Batitusta ha spesso ribadito che non avrebbe mai voluto rientrare in società senza un ruolo ben definito, senza la possibilità di far ascoltare la sua voce. Per Antognoni ha sempre avuto la precedenza la questione di cuore, per Bati c’era l’orgoglio di voler dimostrare qualcosa ai Della Valle che difficilmente gli avrebbero permesso di avere spazio nelle decisioni legate al futuro del Club. La precedente proprietà gigliata è sempre stata legata a manager vicini al business della famiglia Della Valle, una lontananza quella dal “campo” che obiettivamente ha creato e non pochi problemi di comunicazione.
Non si sente minacciato Commisso. E così come non avendo bisogno di soldi non vuole quotare la Fiorentina in borsa, non avendo bisogno di legittimare la sua posizione non pretende il controllo totale sulle emozioni dei fiorentini. Licenziato Corvino, importanti riflessioni du Montella ma mai una parola che non fosse un elogio su Giancarlo Antognoni. “Come è stato possibile tenerlo lontano da casa sua così tanto tempo?”. La speranza è che arrivino idee interessante, entusiasmo e concretezza. Una nuova linfa, una necessaria sinergia per costruire la Fiorentina che verrà e che sarebbe bellissimo arrivasse a vincere anche grazie allo sforzo di quel passato glorioso.