Sebastian Rodwell è un esempio di atleta moderno e cosmopolita, fin da giovanissimo proiettato non soltanto nella sua dimensione “di campo” ma molto attento anche al resto. Lo sport ovviamente rimane al centro dei suoi interessi ma smessi i panni di trequarti, Sebastian, classe 1990, indossa quelli di manager specializzato in Marketing e comunicazione. Per farvi un esempio, avete apprezzato gli scatti del calendario 2019 “Marmo Biancoargentorosso” ? Un’idea nata a scopo benefico a favore di Fondazione ANT Italia ONLUS di cui si è occupato personalmente!
Hai iniziato a giocare a rugby relativamente tardi, a 17 anni, ma c’è da dire che dall’esordio al decollo di una carriera nel professionismo è passato veramente poco! Quali altri sport avevi praticato fino a quel momento?
Sono cresciuto a Gambassi Terme in una cittadina poco distante da San Gimignano dove lo sport è soprattutto il calcio ed era infatti quello lo sport che praticavo. Un giorno a scuola mi fu consegnato un volantino dove si pubblicizzava l’intenzione di creare un gruppo sportivo a Montelupo dove proporre il rugby. Sono un ragazzo curioso, lo sport mi appassiona e insieme a mio padre ho voluto provare questa nuova esperienza: eravamo un gruppo di principianti mossi soltanto dall’entusiasmo, senza grosse conoscenze e abilità. Il rugby mi ha subito conquistato… in pochi mesi mi sono trasferito a Firenze, una realtà che mi ha dato la possibilità di partecipare alla selezione toscana e alle selezioni zonali.Da lì sono partite le prime convocazioni con la Nazionale giovanile.
Impossibile non chiederti di più sulla tua esperienza in Inghilterra dove non ti sei limitato a giocare a rugby ma hai frequentato uno dei College più prestigiosi e dove ti sei laureato in Sports Business Management e Business Development Manager….
Era un periodo della mia vita dove sentivo l’importanza e la volontà di concentrarmi su un percorso accademico formativo che ovviamente tenesse in considerazione la mia passione. In Italia purtroppo è difficile intraprendere la carriera di giocatore professionista e allo stesso tempo non tralasciare lo studio, figuriamoci unire entrambi gli aspetti. La borsa di studio all’ Hartpury College è stata un’opportunità che ho ritenuto fondamentale cogliere: ricordo di aver passato un’estate intera a editare e montare un video con i miei highlights. Quella in Inghilterra è stata un’esperienza di vita e di sport incredibile che mi ha dato modo di vivere esperienze lavorative e sportive fantastiche come quella a Londra per i London Irish.
In Inghilterra il rugby è vissuto in modo diverso rispetto all’Italia sotto molti aspetti…
Decisamente. E’ praticamente alla pari del calcio per popolarità e passione, è parte della cultura inglese. E poi è alla base di un forte senso di appartenenza. Tatticamente e tecnicamente il rugby inglese mi ha molto formato. Poter lavorare presso i London Irish e avere la possibilità di giocare con la London Irish ARFC in National League 2 facendo presenze anche nella squadra A, sono stati onori che mi sono conquistato con lavoro e costanza.
Nel Gennaio 2017 il tuo ritorno in Italia… una scelta curiosa considerando la tua vita in Inghilterra ben avviata!
L’aspetto particolare della vicenda è che guardando indietro, pensavo veramente sarebbe stata una situazione temporanea. Certo il legame con l’Italia per me è indissolubile, è e rimane “casa mia” però due anni fa pensavo davvero che il mio futuro sarebbe stato a Londra. Devo dire comunque che un peso importante nella mia decisione di scegliere I Medicei lo ha avuto la possibilità di poter mantenere un ruolo manageriale, potermi occupare non solo “di campo” ma anche di marketing. Direi di aver fatto la scelta giusta… doveva essere solo per sei mesi e invece…
Una stagione dove il gruppo ha trovato grandi conferme, nonostante gli ultimi risultati e prestazioni un po’ altalenanti. La nota più positiva della stagione?
Sicuramente il gruppo. Gioco a rugby da anni e ho girato molti spogliatoi. Devo dire che un gruppo come questo è raro da trovare, siamo molto uniti ed è molto interessante poiché nel nostro gruppo ci sono giocatori giovanissimi e altri più esperti che possono vantare trascorsi importantissimi. Un mix perfetto visto la grande intesa che c’è all’interno della nostra squadra. Certo mi fa strano pensare che nel 2010/2011, quando vestivo la maglia de I Cavalieri io ero giovanissimo e guardavo a Lorenzo Giovanchelli come uno delle colonne della squadra, uno dei giocatori più autorevoli. Adesso anche io faccio parte di quel gruppo di “senatori” che si trova a ricoprire un ruolo importante nelle dinamiche dello spogliatoio…
Un finale di stagione dove I Medicei affrontano squadre mosse da grandi motivazioni… Sarà dura!
Molto. Ci aspettano due partite complicate anche se devo ammettere questa stagione è stata fisicamente e psicologicamente dura dall’inizio alla fine. Nessuna gara poteva essere presa alla leggera, siamo sempre usciti dal campo stremati. Il campionato è passato da 10 a 12 squadre, non un banale dettaglio nel professionismo: il prossimo anno cercheremo di ottimizzare i nostri allenamenti rendendoli sempre più conformi alle nuove sfide che ci vengono messe davanti.
Nato negli USA, nazionalità inglese, cresciuto in Italia. Nel rugby hai avuto l’onore di indossare la maglia Azzurra delle Nazionali giovanili, fare esperienze a livello internazionale… Chi meglio di te per avere un parere sui prossimi Mondiali….
Tanto per cominciare sono certo che l’evento che il Giappone organizzerà sarà praticamente perfetto, anzi lascerà tutti a bocca aperta. In Giappone l’indice di gradimento del rugby è in continua ascesa: nel 2009 ho avuto modo di giocare un Mondiale lì e sono rimasto impressionato dalla loro organizzazione ma anche della loro sincera passione verso questa disciplina. Credo sarà un Mondiale interessante dove vincerà non chi difende meglio ma chi avrà più fantasia, cinismo e grinta per imporsi con il suo reparto offensivo. Ho avuto modo di giocare in Nazionale Azzurra U17, U18, U20 ma anche di scendere in campo con la 3° Nazionale Inglese (England Students e England Counties) con cui ho disputato partite importanti in Canada, Romania e Georgia per esempio. Non vedo l’ora inizi questo Mondiale, sono molto curioso!
Pensi che l’Italia sia relegata al ruolo di “sparring partner” considerato il valore delle avversarie che incontrerà nella prima fase?
Temo di sì… leggo molto in merito a proposte per rifondare, migliorare i risultati ottenuti dal movimento rugbistico Azzurro. Credo fermamente si debba ripartire dalla formazione delle squadre giovanili, dai bambini e dalle tecniche di allenamento che vengono loro proposte. Utilizzare tecniche all’avanguardia è fondamentale. E’ importante formare tatticamente e tecnicamente fin dai primi anni gli atleti così da colmare il gap con realtà con più esperienza e tradizione rispetto a noi.
Photo by @Andrea Martini