Se si chiede a Beppe Iachini e Carlos Dunga, se c’è stato un giorno in cui si sono sentiti abbandonati dai tifosi viola, probabilmente la risposta sarà semplice: mai. Anche nelle giornate in cui i palloni erano più difficili del solito da recuperare, i passaggi un po’ troppo imprecisi e gli avversari duri da rincorrere, giocatori con certe qualità a Firenze sono sempre stati degli intoccabili.
Certo, negli anni anche giocatori di grande talento si sono messi in luce per la voglia, il carattere e l’attitudine al sacrificio: ma quando madre natura ti ha fatto un grande regalo gli applausi riesci a strapparli con la luce dei riflettori puntata addosso. Quando scendi in battaglia accanto agli eroi il tuo compito è anche quello di fargli brillare. Più tutto il resto. Ecco, a Firenze prima di entrare nel tunnel sotto la Curva Fiesole magari a qualcuno può sfuggire il reale valore di una prestazione, ma non le gocce di sudore sulla maglia. Quelle diventano sacre dal momento che sono versate per la maglia viola.
Bryan Dabo fisicamente è un portento: e forse è proprio questo il motivo che ha spinto Pioli ad aspettarsi molto da lui. Il tecnico viola ha detto senza mezzi termini che da un giocatore con certe caratteristiche è giusto pretendere una crescita fisica e tattica importante, soprattutto in un campionato imprevedibile come quello italiano. Dabo inoltre non hai mai avuto particolari problemi di ambientamento a Firenze, anzi fin dalle prime settimane il giocatore è apparso come totalmente inserito in un gruppo che dal 4 Marzo 2018 in poi si è trovato sparato in una realtà paurosa e drammatica. Sui social, la finestra che gli sportivi lasciano aperta ai loro tifosi, il francese condivide immagini dello spogliatoio, qualche scatto della sua vita privata, video della sua grande passione, la musica, ma soprattutto lancia messaggi alla squadra e alla piazza.
Dabo è un uomo coerente. Un professionista ineccepibile. Scrive così come agisce. Non è un titolare inamovibile, spesso entra a partita in corso adattandosi alla necessità che la squadra ha in quel dato momento, ma in molti dovrebbero ispirarsi a lui per le motivazioni, l’impegno e l’umiltà. Dabo esprime la sua voglia di giocare, di aiutare la squadra, di spingere i compagni “alla meta” ogni istante: il suo goal all’Empoli è stata la giusta ricompensa a quella percussione potente e quel tiro inaspettato che volevano portare la Fiorentina lontano da una crisi di vittorie durata oltre due mesi. La corsa sotto la Curva Fiesole ricordando immediatamente Davide Astori è stata la conferma del valore umano di quel ragazzo estroverso e allegro.
Probabilmente la Fiorentina ha giocatori tecnicamente migliori di Bryan Dabo, uomini che meglio si calano nella realtà tattica della Serie A, ma deve essere consapevole dell’enorme fortuna che rappresenta poter contare su un giocatore che ha voluto imparare immediatamente l’italiano per ragioni di comunicazione, che si adatta ad ogni ruolo e che accetta le critiche lavorandoci sopra pur di diventare titolare.
Cosa sia successo al vero Marko Pjaca è un enorme mistero. Accogliere il suo arrivo a Firenze con gioia e curiosità era quasi naturale poichè tutti già agli Europei del 2016, hanno percepito l’enorme potenziale di quel giocatore: tra la Juventus e il Milan fu subito duello, una corsa quella a Pjaca vinta dai bianconeri che però a pochi mesi dal suo arrivo sono costretti a registrare un infortunio che si rivela più grave del previsto. Per Allegri, solitamente molto prudente nel lanciare in prima squadra i giovani, diventa impossibile inserirlo nel progetto tecnico della sua Juve-cannibale ma il Club crede fortemente nel talento del giovane croato che viene ceduto in prestito in Bundesliga, forse il campionato meno adatto a testare il recupero di un giocatore così delicato.
A malincuore la Juventus acconsente alle richieste di Corvino, interessato al giocatore ma di certo non intenzionato a scommettere grossi capitali del suo budget destinato al calciomercato: Pjaca torna Serie A in quella che è forse la realtà perfetta per dimostrare il suo valore.
I (non) risultati sono sotto gli occhi di tutti. Se non fosse per le parole di stima di Stefano Pioli si dovrebbe parlare di bluff. Se non fosse per la sua volontà di rimanere a Firenze palesata nell’ultima sessione di calciomercato, sarebbe giusto parlare di disinteresse. Perchè le valutazioni sui giocatori non si fanno semplicemente basandosi su dati e statistiche, a volte è importante guardare nei loro occhi. Soffermarsi sulla voglia che hanno quando entrano in campo, sulla grinta che mettono in ogni contrasto. Marko Pjaca è un giocatore passivo. Sembra che la partita non lo riguardi, non va mai neppure vicino al goal. Maurizio Compagnoni dopo la fine di Fiorentina – Inter ha ammesso che in telecronaca era stato assalito dal dubbio di aver annunciato il cambio sbagliato. Pensava che l’ingresso in campo di Pjaca non fosse mai realmente avvenuto. Un dubbio inquietante, dove in ogni caso qualcuno avrà fatto una brutta figura. Il telecronista o il giocatore? In questo caso Pjaca.
Ecco, è indubbio chi tra Pjaca e Dabo abbia più talento, eppure sembra che quello con più carte da giocare per un futuro da titolare sia il giocatore meno dotato. E se Marko Pjaca continuerà ad offrire certe prestazioni, il suo nome non sarà più nemmeno un opzione.
Photo by @AndreaMartini e @PoaloGiuliani