Il Sei Nazioni 2019 inizierà il prossimo 1 Febbraio e così Sportfiorentina ha voluto realizzare un’intervista esclusiva con Andrea Cimbrico, Head of Communications e Media Relations della Federazione Italiana Rugby, con il quale abbiamo parlato di cosa significa lavorare in un settore, quello della comunicazione, che soprattutto nello sport si sviluppa su modelli in continua evoluzione.
– Sul tuo profilo twitter ti definisci un “Genovese disperso nel Mondo”. Quali sono stati i tuoi primi contatti con il mondo del rugby che ti hanno portato a lavorare ovunque ci siano i colori Azzurri e una palla ovale ?
Come accade in molte storie professionali importanti l’inizio della mia carriera è dovuto anche al caso: nel 2000, in occasione del Test Match di Novembre tra Italia e Nuova Zelanda sono stato invitato a collaborare con l’ufficio stampa del Comitato Organizzatore, un’esperienza che ho ripetuto con grande entusiasmo anche nel 2001 per la gara contro il Sud Africa e nel 2002 quando l’ avversario degli Azzurri era l’Australia. Da studente universitario quale ero, esperienze lavorative di questo livello non potevano che affascinarmi molto quindi assieme ad un collega ho deciso di avviare un’attività propria, ossia un’agenzia che si occupava di uffici stampa e comunicazione, un’esperienza che mi ha avvicinato anche ad altre realtà sportive come l’atletica, il baseball e il softball. Nel 2003 sono entrato ufficialmente nell’ufficio stampa di FIR dove all’epoca il direttore della comunicazione era Giacomo Mazzocchi, mi sono trasferito a Roma e ho iniziato il mio lavoro occupandomi prima principalmente di Nazionali minori, avendo una visione circoscritta alle media relations e contenuti editoriali. Nel 2005, l’allora commissario tecnico della Nazionale maggiore John Kirwan pensò che il rugby in quanto “sport giovane” in Italia, dovesse interagire in modo altrettanto innovativo con il suo pubblico, quindi pensò di coinvolgere all’interno del gruppo storico Azzurro anche un media manager: questa esperienza professionale è durata due anni ed è stata molto coinvolgente. Dal secondo anno della gestione tecnica di Philippe Pierre infatti ho iniziato a gestire il piano media e immagine della Nazionale: dal 2011 sono passato a capo dell’ufficio stampa fino al 2013 anno in cui vi è stato l’avvicendamento tra Giancarlo Dondi e Alfredo Gavazzi alla Presidenza FIR. Dove attualmente ricopro il ruolo di Head of Communications e Media Relations.
– Guardando una partita della Nazionale maggiore, intervistando molti rugbisti e analizzando i numeri del movimenti rugbistico italiano, si ha sempre più la sensazione di come sia palpabile l’aumento di interesse verso uno sport come il rugby soprattutto da parte dei giovanissimi. E’ sicuramente una grande conquista…
Non sta a me ovviamente dirlo ma è una grande soddisfazione pensare che il lavoro che la Federazione svolge quotidianamente per portare il Rugby italiano a raggiungere un posizionamento sempre più alto, abbia poi una risposta importante a livello di numeri. C’è da dire che negli ultimi anni mantenere questo tipo di posizionamento non è facile considerando i risultati della nostra Nazionale, inferiori rispetto a quelli di altre selezioni europee. E’ comunque anche nostro compito lavorare con impegno per creare una proposta di comunicazione che abbia come obiettivo il coinvolgimento di tifosi, sportivi, ma anche quello di persone che ancora non si sono approcciate al mondo del rugby o dello sport in generale, veicolando un messaggio positivo e consapevole.
– Immagino che la partecipazione ad una competizione di livello assoluto nel panorama sportivo internazionale come il Torneo delle 6 Nazioni abbia modificato le attività della FIR sotto il punto di vista della comunicazione. Come si sviluppa il tuo lavoro, quali sono le principali attività che coordini?
Credo ci sia da fare una premessa importante, ossia sottolineare l’importanza del Sei Nazioni nel suo ruolo di asset strategico per tutto il movimento, centrale nel businnes di FIR. Nel 2000, anno in cui l’Italia è entrata a far parte del board del Sei Nazioni, il fatturato della Federazione Italiana Rugby era di circa 4 miliardi di lire, cifra che dopo 18 anni è arrivata a toccare i 47 miliardi di euro: l’incidenza del Sei Nazioni in questo vertiginoso aumento di fatturato è ovviamente altissima poiché comporta una crescita totale dei proventi che derivano dal merchandising, diritti televisivi, eventi e sponsor.Per tornare alla domanda, devo in primis dire che la FIR è gestita come un Organo di governo a tutti gli effetti ma con dinamiche proprie e spesso legate a quelli che sono i risultati della Nazionale maggiore, una variabile non banale da gestire. Il mio lavoro si organizza su vari livelli e questo porta il nostro ufficio stampa a spostarsi dal modello classico ma essersi sviluppato in aree con specifiche competenze.
Possiamo dividere queste macro aree in Comunicazione Istituzionale che riguarda per esempio le campagne di comunicazione della Federazione per i prossimi eventi sportivi, Comunicazione Interna dove ci si assicura che vi sia un allineamento generale nei vari uffici e società relativamente alle indicazioni Federali, Comunicazione Commerciale, Comunicazione di gestione delle Crisi che ci auguriamo di attivare il meno possibile e Comunicazione Sportiva che per esempio riguarda il processo di formazione responsabile nell’utilizzo dei social dei nostri atleti: Crediamo fortemente nella capacità di influenzare positivamente il pubblico da parte degli atleti tramite le piattaforme social ed abbiamo avviato anche un programma di formazione per quelli che, sin dai 16 anni, iniziano a far parte del progetto tecnico federale.
– Il rugby è uno sport di tradizione, dove l’appassionato si sente coinvolto in prima persona: i social aiutano questo contatto tra tifosi, giocatori e Federazione?
Direi proprio di sì: nel 2011 io stesso mi sono impegnato in prima persona per lanciare i social della FIR, un’operazione non scontata poiché la FIR è un organo di Governo e come tale vi era un certo timore riguardante la gestione delle criticità che sono direttamente collegate ai social network. Adesso a distanza di sette anni possiamo affermare con grande soddisfazione che i canali social della FIR sono, dopo quelli della FIGC e assieme ai social ufficiali dei colleghi del Volley, i più visti e meglio seguiti. Ovviamente per un Club è più semplice operare in questo settore e trasformare il nome di una società in un Brand, trasformando i “Follower” prima in “User” e poi in “Member” ossia la nuova sfida delle digital community. La Federazione nasce debole nei confronti dei tifosi, però attraverso la professionalizzazione dei social e il loro utilizzo responsabile, contenuti digitali di qualità e la ricerca costante di un’interazione costruttiva sicuramente si possono godere i frutti di un buon lavoro. Penso che ogni contenuto debba essere sempre coerente con la nostra immagine e i nostri obiettivi. Lo stesso concetto andrebbe allargato anche per le sponsorship che non devono puntare esclusivamente alla promozione di un marchio, ma devono sentirsi parte di un progetto nel quale individuare i canali e le modalità di comunicazione più idonee a valorizzare un percorso comune.
– Dopo i test match di Ottobre e Novembre la Nazionale di O’Shea sarà presto impegnata nel torneo del Sei Nazioni: come descriverebbe questa “Italia che verrà”?
Ho grandissima stima e rispetto per il lavoro di Conor, quindi sotto il punto di vista tecnico è giusto che sia il suo lavoro a parlare. Sicuramente fin dall’inizio della sua avventura in Azzurro ha dato le sue indicazioni, auspicando che vi fosse un lavoro e una collaborazione più stretta con il lavoro intrapreso dalle Franchigie le quali ovviamente non devono limitarsi ad essere l’emanazione diretta della Nazionale ma avere i propri obiettivi e la propria identità. Certo vi è una progettualità comune sulla quale è importante continuare ad investire energie, legandola proprio all’ambizione di migliorarsi sempre, poiché se vince la Nazionale vince tutto il movimento.
Photo by @AndreaCimbricoOfficialProfile